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Di quanti amici abbiamo bisogno? Frivolezze e curiosità evoluzionistiche, Robin Dunbar

25 ottobre 2011

 

 

 

In Di quanti amici abbiamo bisogno? Frivolezze e curiosità evoluzionistiche, Robin Dunbar sostiene che un uomo può avere al massimo centocinquanta amici: di più non ne sono ammessi dal nostro cervello.

L’autore è docente di antropologia dell’evoluzione all’Università di Oxford. È famoso per le sue ipotesi sull’evoluzione del linguaggio e sul pettegolezzo come strumento di coesione sociale (Dalla nascita del linguaggio alla Babele delle lingue).

Sono centocinquanta circa. L’ho dedotto studiando la relazione tra la dimensione dei gruppi sociali dei primati e la grandezza dei loro cervelli. Negli esseri umani, la neocorteccia permette di tenere a mente in maniera continua non più di centocinquanta legami affettivi. (…) Se i gruppi di cacciatori-raccoglitori della preistoria avevano pressapoco questa dimensione, centocinquanta erano anche gli abitanti che avevano in media i villaggi inglesi secondo il censimento di Guglielmo il conquistatore nel 1086. E questa è anche la dimensione ottimane per una business unit secondo diversi guru del managment odierno. (…) Se per i primati la spinta cruciale a stare in gruppo è venuta dalla necessità di difendersi dai predatori, nel caso degli uomini il pericolo maggiore erano gli altri uomini, le tribù vicine. Osserviamo che ancora oggi in zone come i Tropici, afflitte da una quantità di malattie e parassiti superiori a quella in altre parti del mondo, i gruppi umani tendono a essere più coesi e meno disposti a mischiarsi con individui di altre comunità. Il miracolo dei primati, tra i quali anche gli uomini, l’aver saputo estendere a tutto il gruppo l’attaccamento istintivo del partner che è proprio delle specie animali monogame. La fedeltà appare correlata all’intelligenza. Scegliere una relazione di coppia da mantenere per un lungo periodo di tempo richiede una notevole capacità mentale, perché per la perpetuazione della specie è molto rischioso investire sul partner sbagliato, e poi per non spezzare la coppia, bisogna ricordare per tutto il tempo ciò di cui il partner ha bisogno e modificare il proprio comportamento di conseguenza.

 

 

 

Il testo è tratto dall’articolo di Giuliano Aluffi sul Venerdì di Repubblica del 21-10-11

L’immagine in apertura è un dipinto di René Magritte

 

 

 

 

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AC