Lingue e diritti umani, Stefania Giannini, Stefania Scaglione

 

 

 

Lingue e diritti umani, curata da Stefania Giannini e Stefania Scaglione, è un libro ricco di interventi illuminanti e un libro opportuno. Esce in un momento epocale per la congiuntura di tre diversi motivi: un flusso migratorio senza pari, la caduta dei “muri” politici e culturali, la diffusione di sistemi di comunicazione in rete capillari e globali.

Stranieri si nasce o stranieri si diventa? Non è un paradosso: queste due condizioni coesisitono e sono visibilissime nel nostro paese. Stranieri si diventa, innanzitutto, perché nessuno nasce straniero: l’appartenenza non può essere una condizione naturale garantita per il solo fatto di nascere; è l’esclusione, infatti, che si aggiunge con violenza a un evento del quale nessuno di noi è artefice: la propria nascita. Dunque, da una parte si può diventare stranieri “ogniqualvolta si lascia il territorio d’origine, fisico o culturale, per fuga o ricerca del nuovo, per tempi brevi oppure per sempre, da esuli o migranti” e il divario è ovviamente tanto più doloroso quando tocca la possibilità di esprimere il proprio pensiero. Ma si può anche nascere stranieri e soprattutto continuare a esserlo quando “il bambino straniero che nasce nel nostro Paese e arriva all’età scolare con una conoscenza scarsa dell’italiano è destinato all’emarginazione e condannato a un percorso scolare in salita”. Mai come ora è evidente la soluzione all’equazione che regge l’equilibrio del mondo deve essere sensibile alla questione linguistica e, in un certo senso, riproduce su scala molto più grande i pericoli che Pasolini riconosceva rispetto al problema linguistico del nostro Paese alla salvaguardia dei dialetti.

Il volume riproduce in appendice il testo originale della Dichiarazione di Barcellona sui diritti linguistici del 1996, sostenuta dall’Unesco e incoraggiata da intellettuali come Wislawa Szymborska o Noam Chomsky. Il testo sarebbe dovuto essere il piano di lavoro ma di fatto giace ancora inerte e inattuato.

 

 

 

Il testo è tratto dall’articolo di Andrea Moro pubblicato sul Domenica del Sole 24 Ore in data 12.02.2012

L’immagine è la fotografia di Samuel Aranda vincitrice del Word Press Photo 2012

 

 

 

 

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AC