Cosa resta del padre?, Massimo Recalcati

 

 

 

Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna è il saggio di grande valore dello psicanalista Massimo Recalcati pubblicato da Raffaello Cortina.

Il problema che contraddistingue il nostro tempo consiste nel come riuscire a preservare la funzione educativa propria del legame familiare di fronte a una crisi sempre più radicale del discorso educativo. Non vi può essere educazione se l’imperativo che orienta il discorso sociale è un perverso Perché no? che rende insensata ogni esperienza del limite. Come introdurre la funzione virtuosa del limite se tutto sospinge verso l’apologia del consumo e dell’appagamento senza detrimenti?

 

 

 


La difficoltà in cui versa il discorso educativo è doppia:

  • da un lato difficoltà ad assumere con responsabilità la differenza generazionale introducendo il potere simbolico dell’interdizione;
  • dall’altro difficoltà nel trasmettere il desiderio da una generazione all’altra, nel dare testimonianza di cosa significhi desiderare.

Un grave problema di questi anni è l’assenza di conflittualità nei legami familiari, e in specie nel rapporto padre-figlio. Il nuovo disagio della giovinezza non è più segnato dall’Edipo, non si produce più dal conflitto tra le generazioni, dalla tragedia dell’usurpazione, bensì dall’intossicazione generata dall’eccesso di godimento e dal declino della funzione simbolica della castrazione.

 

 


 

Le angoscie dei genitori contemporanei.

La prima è dovuta all’esigenza di sentirsi amati dai loro figli: esigenza inedita che ribalta il rapporto dialettico genitori-figli. L’importanza insita nel No del genitore (del padre) sta nel fatto che questa interdizione o castrazione simbolica insegna e trasferisce al figlio il significato del desiderio.

La seconda angoscia spiegata in Cosa resta del padre? è legata al principio di prestazione. Lo scacco, l’insuccesso, il fallimento dei propri figli sono sempre meno tollerati. Ma se i genitori hanno dei progetti per i loro figli, i figli avranno immancabilmente dei destini…equasi mai felici (J. P. Sartre). Ma cos’è il fallimento? Non è solo insuccesso, sconfitta, sbandamento. O meglio, è tutto questo: ma è anche il suo rovescio. Un atto mancato è il solo atto riuscito possibile. Perché? Perché è un atto mancato per l’io ma è riuscito per il soggetto dell’inconscio. Il fallimento è uno zoppicamento salutare dell’efficienza della prestazione.

 

 


 

I giovani sono esposti al fallimento perché la via autentica della formazione è la via del fallimento. In questo senso loro sono più esposti alla malattia dell’inconscio: perché ci sia incontro con la verità del desiderio è necessario smarrirsi e fallire. Ed essi sanno smarrirsi e ritrovarsi. Ma perché questo avvenga è necessaria la presenza degli adulti, di un legame, di una appartenenza.

 

 

 

 

Il libro

Massimo Recalcati, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2011

 

 

 


 

 

 

L’autore

 

 

 

 


 

 

 

La libreria

 

 

 

 

 

AC